La presentazione e le recensioni di "Genocidio. Una passione europea", saggio di Georges Bensoussan edito da Marsilio. Chi ha reso possibile la formazioni intellettuale degli architetti dell’annichilimento? Chi furono i maestri dei medici nazisti? In quale brodo culturale sono stati immersi coloro che hanno concepito l’assassinio di massa? Dal momento che gli uomini sono nutriti dalle credenze delle generazioni precedenti, si deve procedere a un’archeologia intellettuale del disastro del secolo appena trascorso, non mettendosi nei panni di un giudice o di un procuratore (e contro chi istruire il processo?) ma adottando l’andatura di un passante qualunque. Convinti che la cultura era sinonimo di “progresso” e di “ragione”, abbiamo occultato l’immensa storia dell'anti-illuminismo, quella parte della cultura europea che si dedicò a fare degli ebrei una questione. L’immaginario antiebraico non si limita a qualche figura rinomata, ma impregna la storia dell’intera Europa. Chi potrebbe negare che l’antiebraismo, mutato in “antisemitismo”, costituisca il sottofondo di questa catastrofe? Ma lo sfondo non esclude una cerchia più ampia: come poter capire le leggi di Norimberga prescindendo dagli statuti di limpieza de sangre del XV secolo spagnolo? Come poter capire il comportamento genocida dell’autunno 1941 senza correlarlo al programma “T4” nazista di soppressione dei malati mentali? Gli anni 1880-1914 sono stati la matrice di una brutalizzazione della società che la Grande Guerra avrebbe esacerbato con una morte di massa, riducendo i corpi ad avanzi umani e degradando il nemico al rango di parassita. Privata del suo terreno di coltura, la storia senza precedenti ma non senza radici della Shoah rischia alla lunga di apparire come un incidente nella “marcia continua del progresso”. La messa in luce delle sue origini culturali e politiche contribuirà, al contrario, ad ancorare questa tragedia nella storia di lungo periodo.
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