venerdì 14 marzo 2014

Colpo di mano di Re Giorgio I,da Il Fatto Quotidiano.

Sei in: Il Fatto Quotidiano > Cronaca > F35, Napolitano...

F35, Napolitano interviene per bloccare il diritto di scelta del Parlamento

Il capo dello Stato ha inserito tra i punti all'ordine del giorno del prossimo Consiglio supremo di difesa le "criticità relative all'attuazione della Legge 244", che assicura ai parlamentari il potere di controllo sulle spese militari. Oltre al danno arriverebbe la beffa: maxi penale in arrivo se non si rinuncerà ai cacciabombardieri Usa

F35, Napolitano interviene per bloccare il diritto di scelta del Parlamento
Giorgio Napolitano prepara un nuovo colpo di mano a difesa degli F35, rischiando di scatenare un grave scontro istituzionale con il Parlamento. Dopo le insistenti voci circolate nei giorni scorsi sul possibile taglio all’acquisito dei cacciabombardieri americani per recuperare risorse finanziarie da destinare al “Piano Renzi” (voci che hanno fatto molto innervosire i nostri generali e gli americani), il presidente della Repubblica ha convocato per mercoledì prossimo il Consiglio supremo di difesa mettendo all’ordine del giorno le “criticità relative all’attuazione della Legge 244″. Tradotto: non è il caso che il Parlamento, come previsto da quella legge approvata nel 2012, abbia potere di controllo sulle spese della Difesa.
Questo diktat presidenziale era già calato lo scorso luglio, all’indomani dell’approvazione dellemozioni parlamentari che, proprio in virtù dell’articolo 4 della legge 244, istituivano un’indagine conoscitiva sulle spese militari in generale e sugli F35 in particolare. Allora i parlamentari reagirono con fermezza, in particolare il capogruppo Pd in commissione Difesa, Giampiero Scanu, che parlò di un intervento fuori luogo, non essendo competenza del Consiglio supremo di difesa sollevare obiezioni su una legge del Parlamento, controfirmata tra l’altro dal presidente della Repubblica.
Stavolta si profila un vero e proprio scontro istituzionale, poiché l’indagine conoscitiva della commissione parlamentare è in fase conclusiva e sulla scrivania di Matteo Renzi c’è già la relazione finale targata Pd che chiede il dimezzamento del programma F35 a vantaggio del programma alternativo Eurofighter. Proprio ieri, mentre Napolitano preparava la sua mossa, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, pur non citando gli F35, dichiarava alla stampa che “il governo è pronto a rivedere, ridurre o ripensare anche grandi progetti avviati o ipotizzati, qualora mutati scenari internazionali o economici lo indicheranno come opportuno, nel rispetto del ruolo del Parlamento e delle sue prerogative, così come previsto anche nella stessa legge delega 244″. Tra pochi giorni si capirà se sarà così.
Se Napolitano e Renzi sceglieranno di cedere al pressing di Washington e dei nostri generali decidendo di confermare l’intero programma F35, la loro scelta rischia tra l’altro di costarci ancor più cara del previsto poiché la conseguente cancellazione definitiva della Tranche 3B di Eurofighter (25 aerei per circa due miliardi) comporterebbe il pagamento di una salatissima penale, come dimostra il caso tedesco (richiesto quasi un miliardo di penale su un ordine annullato di tre miliardi) e come confermano fonti industriali.
Se invece l’Italia scegliesse di puntare ancora sugli Eurofighter, che tutti gli esperti considerano nettamente superiori agli F35 (e con ricadute tecnologiche e occupazionali nemmeno paragonabili), il numero di questi nuovi aerei multi-ruolo in dotazione all’Aeronautica salirebbe a 93: con i sei F35 che la Difesa ha ormai già acquistato in modo irreversibile, si avrebbe una flotta aerea più che sufficiente a rimpiazzare il centinaio di Tornado e Amx che andranno in pensione a metà del prossimo decennio, senza dover spendere altre decine di miliardi in F35. Rimarrebbe aperta solo la questione dei quindici F35 a decollo verticale destinati alla Marina in sostituzione degli Harrier imbarcati sulla portaerei Cavour: quella che in cinque anni di servizio è stata usata solo per due missioni “commercial-umanitarie” sponsorizzate da privati perché la Difesa non ha i soldi per pagare il gasolio. Il primo capitolo del Libro Bianco della Difesa di cui tanto si parla dovrebbe intitolarsi “Spese inutili che non ci possiamo permettere”.

domenica 22 dicembre 2013

CONSIGLIPERLAMENTE SPECIALE NATALE!

Per le feste Natalizie regalate e regalatevi libri,ottimo cibo per la mente, STW vi da alcuni consigli:

LE SORGENTI DEL MALE DI BAUMAN: STORIA DELLA TECNICA E DELL’UOMO


L’uomo ridotto a funzionario della tecnica scopre in questo nuovo soggetto della storia l’essenza di se stesso e del male che lo abitaLe sorgenti del male del sociologo polacco Zygmunt Bauman, edito daEdizioni Centro Studi Erickson e disponibile su Feltrinelli.it a soli €8,50, rovescia la facile lettura apotropaica delle vicenda umane, elevando, alla luce di un’analisi puntuale sulle tesi che lo hanno preceduto, la tecnica a protagonista nell’indagine sul male.
Cos’è il male e da dove nasce? È una delle domande che da sempre affliggono l’uomo, difficile immaginare una risposta universale, determinanti le variabili culturali. Così Bauman pone in discussione lacomoda astrazione della predispone naturale, che identifica il male in certi soggetti strutturalmente devianti. Un pensiero manicheo, avvalorato da illuminati pensatori moderni come Adorno, che ci mete riparo dal pericolo di una minaccia strisciante, onnipresente.
Sarebbe facile, per non dire comodo, quasi un pensiero pigro, immaginare il “mostro”. Philip Zimbardo, donandosi dell’approccio proprio del paradigma scientifico, dimostra che chiunque può trasformarsi in un sadico violento, bastano condizioni ambientali e sociali adeguate. Chiunque può essere un carnefice. Gli esperimenti degli anni Settanta di Zimbardo sono solo un punto di partenza per la riflessione di Bauman, attualizzando e focalizzando la questione in una chiave quasi filosofica, pur restando sul binario dell’assoluta concretezza.
È nel Novecento che l’autore cerca una spiegazione di quanto già rilevato da Hannah Arendt e Adolf Eichmann, teorizzatori di una malvagità dalle vesti banali, imbrigliata nel senso comune della “brava persona”. Non basta però sostenere che il male sia in ognuno di noi, ciò si limita a un approccio descrittivo, materia prima per la conduzione di un’inchiesta.
“Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo capaci di raggiungere, attraverso un pensiero mediante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca”. Il maestroHeidegger aveva già intuito il rapporto vizioso sviluppato dall’uomo contemporaneo nei confronti della tecnica. Qui s’innesta il pensiero dell’autore che volge il suo sguardo ai grandi massacri del novecento. Perché la distruzione delle città tedesche nel 44’, perché lanciare due bombe atomiche sul Giappone? Decisioni frutto di una volontà che trascende le strategie militarie della vittoria. Quale bisogno è stato allora soddisfatto con tali interventi?

Il delirio di onnipotenza addotto dalla tecnica regala all’uomo la disgregazione dell’umanesimo, che prevedeva invece la sua centralità, rendendo inservibili le sue categorie per l’interpretazione della contemporaneità. È la tecnica il vaso di pandora in cui cercare una soddisfazione delle ambizioni più sfrenate, potenzialmente illimitate, dell’essere umano. Non più strumento ma anima dell’uomo e del suo male. Una storia forse più antica di quanto non immaginiamo: “L’uomo nasce originariamente ‘tecnico’. Utilizzando una formula più articolata, si potrebbe dire che il giorno in cui tra gli antropoidi si è manifestato per la prima volta un gesto tecnico, quel giorno è nato colui che oggi chiamiamo ‘uomo’” (Galimberti).







I puristi storceranno un po’ il naso, ma dovranno fare i conti con la realtà: “la matematica può essere considerata alla fine un genere letterario, così come del resto la letteratura può essere considerata, alla fine, una forma di scienza”. L’affermazione che farà capitolare anni e anni di convinzioni e di fratture viene daStefano Beccastrini e Maria Paola Nannicini, due studiosi che nel saggio Matematica e Letteratura. Oltre le due culture, hanno provato ad analizzare i rapporti che intercorrono tra le due forme più antiche e più profonde del linguaggio dell’uomo.
Il libro, ed. Erickson 2012, prende in esame il rapporto tra queste due forme di espressione ed è già acquistabile sul sitolaFeltrinelli.it al prezzo di €16,57.
A sostegno della tesi, i due autori prendono in analisi numerosi casi per dimostrare come nella storia dell’uomo, le due forme espressive, si siano più volte incontrate, dando vita a grandi capolavori: da Archimede a Calvino, da Newton a Russell, da Petrarca a Rodari, dai poeti di corte di Federico II a Enzensberger, da Dante a Borges, da Galilei alla Dickinson.
Il dibattito si apre negli anni Sessanta del Novecento, le due culture si scontrano come titani: cultura umanistica Vs cultura scientifica, due mondi contrapposti. Una simile frattura risultava chiaramente nociva. Infatti, a lungo andare si è rivelato un fenomeno storicamente contingente. Prova ne è il fatto che i matematici scrivono fin dai tempi dell’egizio Ahmes, appunto uno «scriba». Scrivono, solitamente, cose diverse da quelle scritte dai loro «colleghi», ma scrivono anche loro, per conservare memoria dei loro pensieri.
E allora, proviamo a leggere dolcemente i versi algebrici e a calcolare la radice quadrata di un sonetto di Shakespeare e lasciare che ragione e sentimento si infettino, senza scontri, né vittime. Almeno stavolta: war is over.








Tra le novità di Erikson Edizioni c’è Gli assassini del pensiero. Manipolazioni di ieri e di oggi  di Michela Marzano direttrice delDipartimento di Scienze sociali e professore ordinario di filosofia morale all’Université Paris Descartes (Sorbonne-Paris-Cité).
Marzano analizza il periodo del fascismo in Italia e le strategie manipolatorie attraverso cui molti italiani subirono il fascino e allo stesso tempo si riconobbero in un’ideologia che celebrava un potere profondamente incoerente. Quasi un doppio legame che metteva d’accordo la staticità del conservatorismo borghese e il vitalismo bellico celebrato dal futurismo.
Citando anche il pensiero di Theodor W. Adorno e di Pier Paolo Pasolini, Michela Marzano, eletta nel2009 da “Le Nouvel Observateur” tra i cinquanta nuovi pensatori più originali e fecondi del mondo, ha analizzato i nostri giorni. Anche in democrazia resta ancora un retaggio del periodo fascista: l‘ideologia dell’amalgama, in altre parole, la mescolanza tra tradizione e modernità. Una commistione che risulta assolutamente attuale, con modalità diverse, ma innescando altri meccanismi altrettanto pericolosi e disabilitanti. Ad esempio nelle figure di due uomini politici conosciuti a livello internazionale: Silvio Berlusconi in Italia e Nicolas Sarkozy in Francia.
Gli assassini del pensiero. Manipolazioni di ieri e di oggi è un libro appassionante per adulti e ragazzi, capace di offrire spunti di riflessione ed un terreno di confronto tra ieri ed oggi, tra individualismi pericolosi ed altrettanto rischiose voragini collettive. Potremmo parlare di questo libro, come di una delle chiavi interpretative dei giorni nostri, non tanto con un intento di catalogazione, quanto di osservazione critica che deve generare in ciascuno di noi una ben definita autonomia di pensiero.
Michela Marzano ha affrontato il rapporto complesso individuo - società. In particolare occupandosi di filosofia morale si è soffermata sul rapporto che intercorre tra corpo, in particolare quello femminile, esocietà  con Sii bella e stai zitta.Perché l’Italia di oggi offende le donne o anche sul dolore e sulla fragilità esistenziale in Cosa fare delle nostre ferite.





È una pura ossessione, il centro di ogni pulsione e desiderio, la realizzazione massima, il parnaso della felicità. Ma cos’è davvero il denaro? Massimo Fini, giornalista e scrittore, ne sviscera le contraddizioni, l’insidiosa, aberrante logica che lo anima, nel suo libro Il denaro “Sterco del demonio”, edito da Marsilio nel 2003 (disponibile su Lafeltrinelli.it a € 7,65). Spogliato delle sue maschere, del denaro sono confutate le stolide verità su cui poggiano i luoghi comuni imperanti del nostro tempo, come il ruolo in quanto ricchezza o sua rappresentazione. Fini passa poi alla distinzione tra denaro e moneta che, in una corsa alla dematerializzazione, rivela in maniera sempre più palese quanto il denaro non esista, “è un credo, una fede un’illusione, può sparire anche di colpo o in pochissimi giorni”.
Tesi impegnative, corroborate da un vasto excursus storico ricco di riferiti che spaziano nei secoli sino alla contemporaneità, da collocarsi nel quadro del fini-pensiero: griglia analitica proiettata su un presente la cui natura anima l’ombra di un minaccioso, quanto realistico, domani. La “lunga marcia del denaro” parte con Adam Smith e l’idea di homo economicus, cresce in un Ottocento segnato dall’ascesa del mercante. Figura che demanda al domani la fruizione dei beni accumulati. In totale contrapposizione al mondo preborghese, dove gli uomini lavoravano solo per provvedere alla copertura del proprio fabbisogno. Un uomo che quindi non lavora più per vivere ma vive per lavorare.
Denaro allora come tempo, di cui ne cambia la stessa concezione, che dalla dimensione ciclica del “tempo di natura” passa alla forma rettilinea, “un tempo di morte”. A ciò corrisponde, nell’avanzare dei secoli, una progressiva funzione egemonica dell’economia. Dapprima piegata alle esigenze dell’uomo ne inverte i ruoli. Le leggi economiche sono considerate alla stregua di leggi di natura, “alle quali è inutile cercare di opporsi, che bisogna anzi assecondare per evitare guai peggiori di quelli che si vorrebbero schivare”. Da produttore, il contadino si ritrova consumatore, ha quindi bisogno del denaro per la sua sussistenza. Ma a cambiare sono anche i bisogni stessi, eterodiretti accrescono in maniera esponenziale la sua ricerca dell’inutile, del superfluo, stimolano una produzione di massa. Cresce la curva del debito, dell’aumento della produttività. “Lavori o riposi l’uomo non è più il padrone del suo tempo, ma lo schiavo”.
Uomo strumento di consumo e quindi di produzione, avviando il vizioso sistema nel quale siamo immersi, dove si consuma per produrre e non si produce per consumare. Il denaro “Sterco del demonio” è un testo indispensabile per la comprensione della condizione contemporanea, di cui stanno esplodendo le contraddizioni di una complessiva insostenibilità. Cosa resterà quando il miraggio dell’orgiastico futuro ritratto dal denaro andrà in frantumi? È meglio augurarsi una prossima, comunque ineludibile, implosione sistemica oppure è preferibile perpetrare il disagio di una condizione che ha smarrito il significato dell’essere umano?




Vincenzo Sorrentino, nel suo nuovo libro Il potere invisibile. Il segreto e la menzogna nella politica contemporanea compie una precisa e complessa analisi, una vera e propria ricostruzione critica sugli effetti che, nel tempo, il potere invisibile ha avuto nella società. Vincenzo Sorrentino è professore di Filosofia politica presso l’Università degli Studi di Perugia, insegna Analisi del linguaggio politico; è autore di altre opere sul pensiero politico e filosofico, ha curato dei saggi di Hannah Arendt ed è codirettore della rivista culturale “Cosmopolis“.
Sostenendo l’importanza della democrazia e evidenziando la pericolosità del potere invisibile, l’autore afferma che tale potere viene esercitato in due modi: attraverso l’utilizzo del segreto o della menzogna.
Il segreto ha due funzioni: può essere strumento di occultamento o principio organizzativo. Nel primo caso, il segreto serve ai governanti pernascondere la verità al cittadino, cioè ai governati. Sorrentino, a tal proposito, cita Kant e Hobbes per parlare di sovranità e guerra; poi riprende le analisi di Marx, secondo cui lo stato semina disordine per salvare l’ordine, per discutere il tema delle contraddizioni dello stato moderno.
Attestando la totale antitesi tra potere invisibile e democrazia, e tra capitalismo e democrazia, Sorrentino sostiene che la democrazia può essere, per un verso, funzionale all’economia capitalistica, ma per un altro pericolosa per lo stesso capitalismo. 
Tutto ciò assume toni rilevanti se collegato al fenomeno della globalizzazione dell’economia, che vede l’impresa assumere un ruolo centrale e dominante. La democrazia, in una situazione del genere, potrebbe costituire un antidoto al potere di un soggetto, l’impresa, la cui natura è intimamente autoritaria. Per quanto riguarda il tema del segreto come principio organizzativo, l’autore afferma che tale uso è basilare per rendere solidi i rapporti di potere; parlando dell’occhio elettronico, affronta il tema della sorveglianza nella democrazia e discute il principio della sicurezza collegato a quello della sorveglianza.
Nell’affrontare il tema della menzogna nella politica, Sorrentino menziona Hannah Arendt e discute molto approfonditamente il rapporto tra menzogna e politica, parla del prevalere dell’apparenza e dell’immagine sulla realtà, sostiene la tesi dell’autoinganno che oscura la realtà riducendo l’uomo vittima delle sue stesse menzogne, sottolineando, tra l’altro, i pericoli insiti nella trasformazione della verità fattuale in mera opinione, tanto frequente nella nostra comunicazione pubblica.
Vincenzo Sorrentino, mettendo in luce il fatto che il potere invisibile è dannoso sia se collegato all’uso di strumenti di morte, sia all’uso di mezzi di comunicazione che deviano dalla verità, partendo dalla consapevolezza che la realtà viene manipolata e che ciò ha della drammatiche conseguenze nella vita di tutti i giorni, invita a combattere la sua pericolosità, cercando di superare le contraddizioni interne alla democrazia, auspicando una maggior trasparenza del sistema politico.






Nel suo nuovo saggio teologico, Io e Dio. Una guida dei perpessi (edito da Garzanti, a € 15,81 su lafeltrinelli.it) il teologo Vito Mancuso affronta nuovamente il tema della fede e della religione, per rispondere agli interrogativi dell’uomo sulla tematica teologica.
Il libro di Mancuso, scrittore già noto per il suo best seller L’anima e il suo destino vuol essere una sorta di guida sia per coloro che credono, sia per quelli che non credono; il sottotitolo del saggio recita, non a caso, “una guida dei perplessi” , con la volontà di offrire risposte che affrontano l’argomento nella sua globalità, con tono polemico e riflessivo nei confronti del fanatico credente staccato dal contesto socio-culturale e dell’ateo per partito preso.
Il centro della riflessione dell’autore è Dio, riflessione che comincia dal comprendere cosa c’è di reale nella nostra esistenza; Mancuso compie un percorso cercando Dio nel dolore e nella speranza di ognuno di noi. Un cammino umano che può confrontarsi con il pensiero teologico e filosofico, partendo dall’esperienza personale sino ad arrivare a quella di tutta l’umanità.
Sono tante le domande che l’uomo si pone riguardo la religione cattolica. L’autore tratta i temi più importanti che uniscono il cattolicesimo alla cultura e alla società e esamina la posizione dell’ uomo nei confronti di Dio e della religione in senso lato, riflettendo, a volte con tono polemico, sul senso stesso della vita. Andando oltre il modo di pensare strettamente autoritario dei cattolici e quello semplicistico dei laici, è importante unire Dio e l’uomo, cercando di conciliare le necessità spirituali con le materiali. Auspicando ad una rinascita dello spirito, è possibile unire fede e pensiero scientifico, creando un’armonia tra la religione e la realtà della vita. E’ necessario che la scienza riconosca i prorpi limiti lasciando spazio alla spiritualità e che la religione accolga il pensiero scientifico e le sue teorie.
Io e Dio apre gli orizzonti verso una religione basata sul dialogo e sul confronto. La riflessione di Mancuso coinvolge l’intera umanità, nel tentativo di dare una risposta, riconducendo l’uomo ad una visione più umana di Dio e della religione, a prescindere dai dogmi e dal potere della Chiesa.





Cosa tiene accese le stelle (ed. Mondadori, 11,90 € su Feltrinelli.it), diMario Calabresi, è un saggio, un racconto e un romanzo di vita, un insieme di storie che hanno legato le generazioni passate e quelle future, per ridare la speranza a quelle giovani del presente.
Intervistando scienziati, vari professionisti e altre persone comuni, il tema del libro riguarda la risposta al titolo: a tenere accese le stelle, per i primi, è magari una reazione termonucleare, mentre per gli altri, facendoci vivere le loro storie, è la speranza e la voglia di costruire un futuro migliore.
Calabresi, direttore della Stampa, nei suoi libri riesce spesso a coinvolgere il lettore con qualcosa di unico, e a trasmettere in maniera chiara, diretta ed efficace, come un ottimo giornalista, il suo messaggio.
Un messaggio che parte raccontando di sua nonna quando, nel 1955, a quarant’anni, per la prima volta trovò del tempo libero per se stessa, dopo anni passati a lavare ogni cosa a mano: era stata inventata lalavatrice ed era arrivata a casa sua.
Questo è un esempio attraverso cui Calabresi ci fa notare quanto la vita degli italiani del passato sia stata molto più difficile di quella attuale, e ogni passo verso il benessere materiale andava conquistato con la forza di volontà e del lavoro.
Oggi invece tutte quelle conquiste sono già state fatte. Viviamo quasi tutti, in appartamenti adeguati alle nostre necessità, dotati di servizi sanitari e allacciati alla rete elettrica. Siamo un paese alfabetizzato, e facciamo sicuramente molta meno fatica di quanta non ne facessero i nostri padri e le nostre madri, e prima di loro le generazioni precedenti.
Tuttavia i giovani ora hanno molta meno speranza nel futuro, la consapevolezza più diffusa è quella del pessimismo, a cui gli stessi padri non sfuggono. Sembra che niente abbia un senso, che abbiamo una vita senza prospettive e che il nostro periodo sia il peggiore nella storia dell’umanità.
Calabresi ci dona questo insieme di storie passate di successo per togliere questa sensazione  di malessere generale, dicendoci che “per riprendere coraggio, per trovare ossigeno, mi sono rimesso a viaggiare nella memoria. Chi lo fa si sente immediatamente più forte: se ce l’hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi”.
E come si fa a ritornare ottimisti? Calabresi ce lo insegna raccontandoci un viaggio in Italia tra artisti, imprenditori, giornalisti e altre persone comuni che hanno inseguito i propri sogni e affrontato a testa alta le sfide collettive e individuali del mondo di oggi.  C’è chi ha sconfitto una malattia incurabile, chi ha trasformato la sua tesi di laurea in un’azienda californiana di successo, chi in un paese di gelatai ha creato un gelato unico e ha avuto un enorme successo, tanto da aprire gelaterie in decine di paesi nel mondo. Fino all’astronomo che sogna tutt’ora di vedere l’uomo su Marte.
Sono moltissimi gli esempi di Italiani incontrati da Calabresi. Se leggerete il libro ne rimarrete di sicuro colpiti, e forse sentirete nel profondo che cosa tiene accese le stelle:  sono lì per guidare il cammino degli uomini, per “insegnarci a non tenere la testa bassa, nemmeno quando è buio”.
Nella narrazione di queste storie Calabresi ci fa immergere nella totalità, ed è una lettura consigliata specialmente per i giovani, in un Paese come l’Italia che appare sempre più in piena decadenza, con un’economia soffocata e ristagnante, e che tuttavia ha una base di nuova forza vitale che dovrebbe venire fuori, ed invece si ripiega nel pessimismo.
Dunque ‘Cosa tiene accese le stelle’ si propone, e la sensazione la si ha alla fine, di ridare una ventata di ottimismo alle nuove generazioni perché riscoprano la fiducia che avevano i genitori e i nonni quando loro stessi erano giovani. Insieme alle qualità che fanno in qualche modo leva sulla propria volontà, ovvero l’ambizione – non per forza dei soldi o del potere, quanto di fare qualcosa di gratificante per se stessi e gli altri – la costanza e anche l’umiltà.
La progressione infinita del benessere economico infatti si è fermata vent’anni fa, e da allora è in un declino sempre maggiore. Questo si riflette nella mancanza di investimento dei giovani nel futuro a causa di una rassegnazione che si trasmette sempre più per via ereditaria.
Ma tra  docenti universitari, astrofisici, cantanti, studentesse eccezionali e persone normali, tutti concorrono a comporre un mosaico speranzoso e in divenire del tempo in cui viviamo.


Buone feste da Stop The War .