A vedere i servizi ai telegiornali di questi giorni mi vengono i brividi:
un popolo in festa per l’eliminazione di un nemico.
Per quanto sia umano il comportamento degli statunitensi (ne parlerò dopo in dettaglio), per quanto sia comprensibile, le scene viste, il motivo dietro allo spargere champagne, fatica molto a trovarmi d’accordo. Probabilmente perché sono un uomo che cerca di vivere nel principio della non violenza. È proprio in quest’ottica che vi prego di leggere il mio commento.
Ma perché parlare di assassinio quando si parla di un’operazione militare? Perché riferiscono diverse fonti autorevoli che Osama Bin Laden sia stato ucciso mentre questi era disarmato.
La dinamica parrebbe essere che i militari siano entrati nella stanza dove stava il terrorista e che lì abbiano anche la moglie, Amal Ahmed Abdul Fatah. Egli appariva malato , usava un bastone… ed era, come dicevo, disarmato. La moglie avrebbe quindi tentato di aggredire i militari, quindi questi hanno iniziato a sparare.
Ed è in questo modo che esce di scena quello che appare essere il più grande nemico degli USA.
Vorrei sottolineare diversi aspetti di questa vicenda (e le sue conseguenze), ma lasciatemi ben mettere in chiaro una cosa: questo articolo non vuol difendere in alcun modo Bin Laden, responsabile di migliaia di morti. Aborro l’uccisione in tutte le sue forme e quindi aborro anche un personaggio come questo terrorista. Ma neppure mi sento di giustificare in toto tutto quello che è stato fatto durante questa operazione.
Anzitutto ritorno all’esaltazione del popolo statunitense, che si ritrova a festeggiare la morte di un uomo. Certo, stiamo parlando del capo delle operazioni che hanno prodotto il più grande attacco sul suolo statunitense in tempi recenti. L’11 settembre 2001 ha lasciato una macchia indelebile negli Stati Uniti, uno sconcerto che ha unito tutta la nazione. Noi europei lo avevamo notato subito, ma, col passare degli anni, la nostra attenzione si è rivolta altrove. Eppure questa tensione, questa rabbia, è rimasta latente in questi (quasi) dieci anni: nel vedere certe prese di posizione di politici, nel taglio di certi articoli giornalistici e nel leggere e guardare i libri, i racconti e i film che sono apparsi negli anni, anche quelli non direttamente collegati all’atto terroristico. C’era un’aria di cordoglio, di rabbia repressa verso quell’atto orribile che era stato compiuto, il fatto che in casa propria non si riusciva a sentirsi sicuri.
E quindi questo entusiasmo, questi cortei, questa gente che scende per strada, non è un atto isolato, ma va, a mio avviso, ricondotto alla cornice che è andata a crearsi in questi anni. Un gesto di sfogo collettivo per una sensazione che opprimeva un intero popolo.
Questa, però, non vuole e non può essere una giustificazione. Non credo vi possa essere giustificazione per una tale esaltazione di un'esecuzione (o, se preferite, di un’operazione militare). Entrerò più tardi nello specifico, per ora voglio dire che mi sembra di non essere nel mondo civile che tutti vorremmo fosse quello contemporaneo, ma di assistere allo sfoggio di gioia di una tribù quando i guerrieri tornano al villaggio vittoriosi, con le ossa del nemico come reliquia.
E questo mi porta al secondo punto…
Ci sono state molte ipotesi sul perché Bin Laden non fosse stato catturato e portato davanti alla giustizia, quello che, finora, mi pare il più logico (e, anche questo, supportato da fonti attendibili) è che un processo avrebbe dato al terrorista una piattaforma mediatica enorme, la possibilità di incitare i suoi a nuovi atti, il divenire ancora più un simbolo della lotta che promuoveva. Certo, così egli, agli occhi dei suoi seguaci, diviene un martire, ma, in questo genere di conflitti, un generale ha più forza sulle sue truppe quando è in vita e può incitarli.
Quindi una logica c’è in quel che è stato fatto, un logico movente per l’uccisione di una persona. Tuttavia la logica a volte non si sposa con l’umanità, al fatto che abbiamo costruito una società che vuole i colpevoli messi davanti a un tribunale. Mi ritornano in mente frasi antiche: “Occhio per occhio, dente per dente.”
Ma, forse per far esaltare ancora di più il popolo, all’inizio si era fatto intendere che Bin Laden fosse armato, mentre ora invece risulta che non sarebbe stato così. In pratica si ha ucciso una persona che non poteva difendersi dalle armi. Mi delude il fatto che si abbia scelto inizialmente di voler dare un’ulteriore giustificazione all’atto commesso. D’altre parte i festeggiamenti avvenuti sembrano dar ragione a chi aveva pensato di non far trapelare subito questa informazioni. La propaganda, lo sappiamo, è anche questo. E quanto avvenuto, l’intera operazione, è anche una forma di propaganda, seppure certamente intrecciata con scopi militari.
Andiamo ora a parlare del modo in cui si è voluto disporre del cadavere: il gettare il corpo al mare è un gesto pieno di significato: significa far sparire il corpo, il volto e la voce, gettarlo nelle profondità. Come a dire “avete sopportato troppo dolore, noi vi risparmiamo la possibilità di guardare ancora in faccia il responsabile di un atto così tremendo”. Vi è poi anche un’altra ragione, molto più pragmatica: evitare che la tomba del terrorista divenisse meta di pellegrinaggi. E vi è, poi, un’altra particolarità: Leggo sul sito del Sole 24 ore che nell'Islam il corpo deve essere inumato entro 24 ore dal decesso nella nuda terra, avvolto in un sudario e rivolto verso La Mecca. Non credo che il gesto di buttare a mare il cadavere fosse inteso come segno di stizza nei confronti delle credenze che Bin Laden credeva di interpretare (sappiamo tutti che l’Islam non è solo carne, sangue e vendetta), ma forse qualcuno ha sorriso a questa idea.
L’uccisione di Bin Laden porta gli Stati Uniti (e forse tutto l’occidente) a compiere un nuovo passo nella società come la s’intendeva sinora: seppure forse esagero a vedere in tutto questo una forma di primitivo tribalismo, resta il fatto che rispetto alla democrazia, alle leggi che regolano l’occidente, si è scelta una via più facile, legata, e questo nessuno lo può negare, al pragmatismo.
Se questo è un bene e un male solo il futuro ce lo potrà dire.
Mauro Biancaniello
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