Il caso Calipari per molti è solo un ricordo scolorito. Certamente non per noi. L'insabbiamento dell'inchiesta ha rappresentato uno dei «successi» della coppia Berlusconi-Bush junior. Una vittoria di due «grandi amici» che non è stata scalfita nemmeno quando a palazzo Chigi è arrivato Romano Prodi, sotto la cui presidenza del Consiglio il governo costituì parte civile.
Non avevamo dubbi che la ragion di stato avrebbe prevalso perfino sul ricordo dei migliori servitori dello stato, ma ora il sacrificio di questa memoria è confermato da un dispaccio Usa secretato rivelato da WikiLeaks. E un brivido corre lungo la schiena all'idea che gli stessi uomini - Berlusconi, Fini, Letta e l'allora capo del Sismi, il generale Pollari - che avevano celebrato Nicola Calipari come un eroe lo abbiano poi liquidato come un qualsiasi «effetto collaterale» della guerra.
I nostri governanti si sono mostrati asserviti al potere Usa, fino al punto di sottoporre all'ambasciata americana un documento, che era persino sembrato prendere qualche distanza dalla versione Usa - pur di mettere a tacere l'opposizione -, prima ancora di presentarlo al Parlamento italiano.
È sconvolgente pensare che l'operato di periti e magistrati, un lavoro che aveva portato al rinvio a giudizio del militare statunitense Mario Lozano per omicidio volontario politico di Nicola Calipari e tentato omicidio volontario di Carpani e mio, fosse solo un esercizio della magistratura senza nessuna possibilità di successo. Inutili i dibattiti di diritto internazionale per fare valere la sovranità italiana affermando la nostra giurisdizione per celebrare un processo che forse avrebbe permesso di conoscere qualche particolare in più su quanto successo a Baghdad il 4 marzo 2005.
Certo, tutti gli ostacoli incontrati, persino per inviare alla segreteria di stato Usa la nostra citazione, avevano svelato gli intenti del governo italiano di evitare un processo e soprattutto il coinvolgimento del governo americano. Tuttavia questo eccesso di zelo fa nascere il dubbio (che non è solo un dubbio) che anche l'Italia avesse qualcosa da nascondere e forse conveniva a tutti mettere al più presto una pietra sopra al caso Calipari.
Esauriti tutti i gradi di giudizio con la sentenza della Corte di cassazione, che aveva respinto il nostro ricorso contro la sentenza della Corte d'Assise, ci auguriamo che ora di fronte alle rivelazioni del sito internet fondato da Julian Assange almeno le forze di opposizione in parlamento si assumano la responsabilità di svelare quelle verità finora volutamente insabbiate dal governo.
L'apertura di quella Commissione d'inchiesta parlamentare negata nel 2005 risulta oggi indispensabile per cercare la verità sulla morte di Nicola Calipari e anche di tutti quei servitori dello stato che hanno sacrificato la loro vita per difendere il loro paese e garantire la nostra democrazia.
WikiLeaks ha ancora una volta svelato l'ipocrisia di governi che accusano il sito web di attentare alla sicurezza dello stato, ma chi attenta alla nostra sicurezza se il governo non è nemmeno in grado di garantire la nostra sovranità?
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