venerdì 25 febbraio 2011

Mauritania, schiave del peso (e delle convenzioni)



Fatte ingrassare da bambine o schiave di sostanze pericolose pur di aumentare di peso. Il dramma di molte donne mauritane

"Una donna occupa nel cuore del marito il posto che occupa nel letto". Lo dice un proverbio mauritano, il cui senso è: donna, se vuoi essere amata e desiderata, devi ingrassare. Non è tanto una questione di rovesciamento dei canoni estetici. In Mauritania non si raccomanda alla donna di essere in carne ma proprio obesa. E il folclore fa presto a trasformarsi in dolore: quello delle ragazzine che si sottopongono a "cure" devastanti pur di raggiungere lo scopo e quello di bambine che vengono rinchiuse instrutture speciali, da dove, dopo tre mesi di cura, escono che sono irriconoscibili. Tutto perché la famiglia non accetta lo stigma sociale che deriva dall'avere una figlia magra. Va precisato che nella capitale Nouakchott e nelle aree urbane questo fenomeno mostra un po' la corda, ma sopravvive e appare di nuovo in crescita nei piccoli villaggi rurali e in quelli al confine col Sahara.

Atar, piccolo centro sul limitare del deserto. E' qui che si deve venire se si vuole vedere da vicino cosa sono i cosiddetti "allevamenti di ragazze grasse", veri e proprio istituti di pena dove le bambine scontano la colpa di essere magre o di non essere obese. Fino a 20/30 anni fa, erano estremamente diffusi in tutto il Paese, oggi sono reperti archeologici anche se cominciano a rispuntare. Ad Atar arrivò la Bbc nel 2004 e pochi anni dopo anche Marie Claire - la cui edizione in inglese dedicò un ampio reportage all'argomento - per incontrare una delle tante vecchiette che gestiscono una sorta di ostelli dove le bimbe venivano/vengono portate durante la vacanze estive e sottoposte ad una trattamento intensivo. Da mattina a sera, con una piccola pausa dopo pranzo, vengono ingozzate: bevono litri di latte di mucca o cammello, ingurgitano cous cous ipercalorici e beveroni a base di miglio pestato e acqua.Tre mesi d'inferno, tanto dura la "cura", di violenze fisiche e psicologiche per le piccole che si rifiutano di mangiare o si permettono di vomitare. E' la piaga del leblouh, la nutrizione forzata, con cui le anziane custodi portano le ragazzine a pesare tra i 60 e i 100 chili nel giro di pochi mesi e incassando per ognuna di loro poco meno di 150 euro, che le famiglie pagano volentieri per far sposare presto, e bene, le loro figlie. Spesso, le ragazzine escono da queste cliniche giusto per convolare a nozze, perché in Mauritania la pratica del child-marriage è molto diffusa.

La diffusione di film e video musicali di provenienza occidentale avevano provocato una conversione dei canoni estetici, a favore di un modello femminile più longilineo. Poi, l'assassinio di alcuni turisti francesi ad opera di Al Qaeda nel 2007, che frenò il turismo, e il ritorno alle tradizioni imposto dalla giunta militare al potere dal 2008, hanno provocato una nuova inversione del trend. Per molte donne, ingrassare è una scelta deliberata, che oggi perseguono ricorrendo a metodi più moderni ma anche più pericolosi. Ad esempio si imbottiscono di sciroppi che stimolano l'appetito, di medicine a base di cortisone che vengono utilizzate per gonfiare capi d'allevamento o di sostanze psicotrope. Tutto, pur di raggiungere la forma che l'antica cultura dei Mori associa ad un benessere materiale e spirituale. Uno di questi cocktail, spiega l'agenzia Irin, è noto come Dregdreg, una parola che nella lingua di una tribù mauritana indica la scossa al cuore provocato da uno dei suoi effetti collaterali. E infatti non sono pochi i casi di ragazze che muoiono prematuramente a causa di infarti, gravi disfunzioni renali, di diabete o malattie cardiovascolari. Una legge dell'anno scorso punisce la vendita irregolare di queste medicine ma non è facile farla rispettare, anche perché esiste un fiorente mercato clandestino. Per molte, diventare una donna di oltre 100 chili è un obiettivo desiderabile, per tante altre è una condanna che scoprono quando si accorgono che raggiungere un tale peso significa non riuscire a fare più di tre metri senza avere il fiatone, non poter avere una vita normale, una propria indipendenza e ridursi a essere una macchina sfornafigli per un marito che la sera si addormenta felice sui rotoli della moglie.
Alberto Tundo

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