domenica 30 gennaio 2011

Tunisia : La verità brutale è che la stagione delle dittature non è terminata

Robert Fisk 
Tradotto da  Raffaella Selmi
Editato da  Fausto Giudice


Sangue e lacrime, ma niente democrazia. Le turbolenze sanguinose non sono necessariamento presagio di democrazia
Nei paesi arabi l’epoca dei dittatori volge al termine? Certamente tutti questi sceicchi, emiri, re (tra cui il vecchissimo re dell’Arabia Saudita e il giovane della Giordania) presidenti – anche qui, un anziano in Egitto e un giovane siriano, – non sono a loro agio, con quello che sta accadendo in Tunisia. Rivolte per il rincaro dei prezzi alimentari si sono verificate anche in Algeria e ad Amman. Il despota della Tunisia, dove gli scontri hanno provocato decine di morti, è fuggito a Djeddah,  la stessa città in cui un uomo, chiamato Idi Amin, aveva a suo tempo trovato rifugio.
 
Se avvenimenti del genere si sono verificati in un paese turistico come la Tunisia, significa possono accadere ovunque. Sotto il regime di Zine el-Abidine l’Occidente plaudeva alla sua "stabilità". Francesi, tedeschi e inglesi, rendevano omaggio al dittatore "amico" dell'Europa civilizzata; un dittatore dal pugno di ferro con gli islamici.
 

Disegno di Haddad, Al Hayat, Londra
 
Anche se ci piacerebbe, i Tunisini non dimenticheranno questa piccola storia. A detta degli Arabi, i due terzi della popolazione – sette milioni su dieci, in pratica l'intera popolazione adulta – ha collaborato con la polizia segreta del Presidente Ben Ali. Anche loro sono scesi in piazza per protestare contro l'uomo che abbiamo amato fino alla settimana scorsa. Ma non c’è troppo da esultare. Certo, in Tunisia come in Algeria, il tam tam su Internet ha riunito i giovani e i giovanissimi (i nati negli anni ottanta e novanta, che non hanno alcuna prospettiva di lavoro dopo l'Università). Ma il governo di "unità" sarà formato da Mohamed Ghannouchi, satrapo del Presidente Ben Ali per quasi 20 anni; un uomo che veglierà con mano sicura sui nostri interessi – anziché su quelli del suo popolo.
 
Temo che si tratti della solita vecchia storia: vorremmo che in Tunisia ci fosse un regime democratico, ma non troppo. Ricordate nei primi anni novanta, la nostra volontà di un’Algeria democratica? Quando si profilò la possibilità  di una vittoria degli  islamici nel  secondo turno delle elezioni, abbiamo sostenuto il governo. Che  ha sospeso le elezioni con la forza e ha scatenato una guerra civile in cui sono morte 150.000 persone.
 
No, nel mondo arabo vogliamo legge, ordine e stabilità. Anche nell’Egitto corrotto di Hosni Mubarak,  è cio che vogliamo. E ci riusciremo.
 
È chiaro: il mondo arabo è così pieno di contrasti, sclerotizzato, corrotto, umiliato e spietato –solo la settimana scorsa il Presidente Ben Ali ha qualificato come "terroristi" i manifestanti – e così totalmente incapace di qualsiasi progresso sociale o politico, che le probabilità di vedere nascere una democrazia durevole dal caos del Medio Oriente sono quasi nulle.
 
Qualunque regime dei paesi Arabi avrà sempre a che fare con la necessità di "gestire" e controllare la popolazione, sorvegliare una polveriera che rischia di esplodere, amare l’Occidente e odiare l’Iran.
 
Che cosa ha fatto Hillary Clinton la settimana scorsa, durante la rivolta della Tunisia? Ha elencato le necessità che incombono sui regimi corrotti dei sovrani del golfo: sostenere le sanzioni contro l'Iran, prepararsi a un confronto con la Repubblica islamica in vista di un altro attacco contro uno stato musulmano,( dopo i due catastrofici già inflitti alla regione da Stati Uniti e Inghliterra.)
 
Il mondo musulmano – almeno, quello compreso tra l'India e il Mediterraneo – è più che uno spiacevole pasticcio. Il  governo Iracheno è solo una sorta di provincia dell’Iran, Hamid Karzai non è altro che il sindaco di Kabul, il Pakistan vive sull’orlo di una catastrofe perenne, e in Egitto si sono appena svolte nuove elezioni bluff.
 
Quanto al povero vecchio Libano, non ha nemmeno più uno straccio di governo. Forse nel Sudan meridionale s’intravede un barlume di speranza – ammesso che le elezioni si siano svolte regolarmente –ma non c’è da scommetterci.
 
Per noi occidentali la questione rimane sempre la stessa. Parliamo di "democrazia" e siamo tutti a favore di elezioni eque – ammesso però che gli Arabi diano il voto a chi vogliamo noi.
 
Non è stato così in Algeria vent'anni fa; e neanche in "Palestina", e neppure in Libano, nel cosiddetto accordo di Doha,. Ed ecco che allora noi li sanzioniamo, li puniamo e li mettiamo in guardia contro l’Iran,e pretendiamo che tengano la bocca chiusa quando Israele si impadronisce dei territori  palestinesi per le sue colonie in Cisgiordania.
 
Fa quasi sorridere per l’ironia l’episodio che in Tunisia ha scatenato questi tumulti: la polizia ha confiscato alcuni prodotti agricoli a un giovane diplomato disoccupato, che per protesta si è suicidato dandosi fuoco; e poi  il tentativo, fallito, del Presidente Ben Ali di conquistare il sostegno popolare andando a far visita al ragazzo morente.
 
Costui da anni racconta di un "lento processo di liberalizzazione" in corso nel suo paese:  ma tutti i dittatori sanno di correre un grosso rischio quando tolgono le catene alla popolazione.
 

Il risveglio del mostro, di Mahjoob
Sugli striscioni: Giustizia, Libertà, Rivoluzione
Gli arabi non fanno eccezione alla regola. Subito dopo la fuga in esilio di Ben Ali la stampa, che per anni gli ha lisciato il pelo in cambio di un po’ di denaro, adesso lo accusa di: "malgoverno", "corruzione"…   
Raramente sono risuonate più crudelmente giuste le parole del poeta libanese Kahlil Gibran: "Povero popolo, che accoglie con fanfare il suo nuovo padrone e lo saluta inveendo, per poi accoglierne un altro al suono di nuove fanfare."
Magari Mohamed Ghannouchi,?
Naturalmente adesso c’è la corsa al ribasso dei prezzi,– o la promessa. Il pane e l’olio sono prodotti di prima necessità, e  in Tunisia  Algeria ed Egitto questi prezzi scenderanno. Ma perché erano così elevati?
L’Algeria dovrebbe essere ricca come l'Arabia Saudita – possiede petrolio e gas – ma ha uno dei tassi di disoccupazione più alti del Medio Oriente, manca di politiche sociali, di pensioni, niente di niente per il popolo, perché i suoi generali hanno piazzato le ricchezze al sicuro, in Svizzera.
 
E la brutalità della polizia, le torture continueranno. Noi manterremo le nostre buone relazioni con i dittatori, continueremo ad armare i loro eserciti e cercheremo di convincerli a  fare la pace con Israele.
I dittatori faranno quello che chiede loro l’Occidente. Adesso che Ben Ali se l’è data a gambe, alla Tunisia occorre un dittatore malleabile,un "uomo forte e benevolo"; è così che le agenzie di stampa chiamano questi despoti.
 
No, tutto considerato non penso che la stagione della dittature arabe sia terminata. Ci baderemo noi.

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