martedì 4 gennaio 2011

Cmc: 110 candeline. Tanti auguri

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Quest’anno – per la precisione il 7 marzo – la Cooperativa Muratori e Cementisti (Cmc) festeggia i propri 110 anni; un anniversario evidentemente sentito dalla multinazionale di Ravenna, che aprirà le celebrazioni con la presenza del Presidente della Repubblica Napolitano, il prossimo 8 gennaio.

Da festeggiare c’è il margine di profitto che la cooperativa continua ad accumulare grazie al suo impegno nelle costruzioni in Italia, ma anche in molti angoli del mondo; dal Laos al Sudafrica, dalla Cina all’Algeria, dal Sudan al Malawi, passando per Mozambico, Angola, Botswana, Lesotho: le ruspe emiliane sono al lavoro per costruire ponti e porti, scuole e strade, palazzi ed edifici industriali.
E allora, tanti auguri alla Cmc, una società cooperativa, ovvero – come dice il codice italiano – costituita per gestire in comune un’impresa che si prefigge lo scopo di fornire innanzitutto agli stessi soci quei beni o servizi per il conseguimento dei quali la cooperativa è sorta. E che, come sottolinea la stessa Cmc all’articolo 24 del suo codice etico, considera «l’ambiente un bene primario che il Gruppo si impegna a salvaguardare», tanto che «la Società programma la propria attività ricercando un equilibrio tra iniziative economiche e imprescindibili esigenze ambientali, in considerazione dei diritti delle generazioni future».
Anzi, no. Perché nulla è come appena descritto. La Cmc, infatti, non si prefigge da diversi anni lo scopo di fornire beni e servizi innanzitutto agli stessi soci, bensì utili economici, tanto che nell’estendere il proprio portafoglio si è impegnata in opere di dubbia utilità e di certa devastazione in mezzo mondo; e, soprattutto, guarda all’ambiente come al cestino dei rifiuti: un qualcosa da incenerire, polverizzare, distruggere, per far posto a quel cemento tanto indispensabile al proprio bilancio. Tanto è vero che la cooperativa è impegnata, per esempio, nella progettazione del ponte sullo Stretto di Messina, opera faraonica il cui impatto sull’ambiente è stato già ampiamente certificato; o nella realizzazione di strutture militari – le quali, fatto curioso, non compaiono tra i settori nei quali Cmc dice di operare – come quelle di Vicenza o di Sigonella. Tutti progetti che, guarda caso, sono tanto remunerativi quanto devastanti.
Insomma, dei valori e dei principi che hanno ispirato il movimento cooperativo italiano, a Ravenna è restato ben poco; perché la Cmc è diventata una grande multinazionale del settore edile, capace di far affari in ogni angolo del mondo grazie alla facilità con la quale l’impresa accetta committenze destinate a devastare il contesto ambientale e sociale nel quale le opere saranno realizzate. C’è chi dice che, in questo mondo, per essere competitivi bisogna sapersi vendere: la Cmc ha trovato il suo modo. Tanti auguri da Vicenza.

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