lunedì 20 dicembre 2010

Inchiesta EveryOne sulla detenzione di oltre 250 profughi eritrei. Nuovo appello alle Istituzioni internazionali



Friday, December 17, 2010, del Gruppo EveryOne

Rapporto del Gruppo EveryOne sulla detenzione arbitraria a Rafah (Sinai del Nord, Egitto) di oltre 250 profughi eritrei, sudanesi, somali ed etiopi da parte dei trafficanti legati ad Hamas. Nuovo appello alle Istituzioni internazionali
Rafah (Egitto), 17 dicembre 2010. IL MANCATO INTERVENTO DELLA POLIZIA EGIZIANA. “La condizione
dei profughi eritrei, somali, sudanesi ed etiopi da parte dei trafficanti nel nord del Sinai, nella città di Rafah, è ormai disperata e le autorità egiziane non intervengono per sottrarli a un destino di stupri, violenze, torture, ricatti e morte. Non è la prima volta, purtroppo, che la polizia egiziana, pur essendo a conoscenza di gruppi di migranti africani nelle mani dei predoni, sceglie di non intervenire," commentano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne. "Nello scorso agosto, per esempio, le autorità di Rafah furono informate della presenza di un gruppo di 300 eritrei incatenati e soggetti a estorsione nel borgo di al-Mahdeyya, a sud della città. Anziché liberarli, la polizia egiziana si concentrò su un gruppo di eritrei che erano riusciti a fuggire dai container, uccidendone due a colpi d'arma da fuoco e arrestandon
e 17, senza intervenire contro i trafficanti".



LA MISSIONE A RAFAH. "Da parte nostra,” spiegano gli attivisti di EveryOne, “ci siamo offerti di recarci in missione a Rafah per indicare ai rappresentanti del ministero degli

Interni e alle autorità di polizia il covo dei trafficanti e il frutteto in cui sono tenuti prigionieri gli eritrei. Tramite l’Ambasciata egiziana, ci è stato risposto che il Governo egiziano non riconosce l'esistenza degli ostaggi e non è stato offerto il minimo sostegno alla missione. Ci è stato peraltro sconsigliato di recarci in Rafah, per una questione di sicurezza. Successivamente, mentre stavamo comunque per partire, abbiamo perso del tutto i contatti telefonici con il testimone-chiave del rapimento e delle estorsioni, un cittadino eritreo che vive a Rafah e i cui dati erano in possesso delle autorità egiziane e dell’ONU. Da alcuni giorni i prigionieri, dopo le uccisioni, gli stupri, le torture con ferri roventi, le estorsioni, ci stanno manifestando il proposito di togliersi la vita".


PROFILO DEL CAPO DEI TRAFFICANTI. Si chiama Abu Khaled, è un beduino palestinese appartenente alla tribù Rashaida. E' di corporatura magra e barbuto, usa un pick-up per spostarsi, è padre di sette figli e vive nella città di Rafah, al confine tra l’Egitto e la Palestina, nella striscia di Gaza. Prima di fare il trafficante faceva il maestro in un asilo. Si fa intervistare dal Telegraph e dal quotidiano The National di Abu Dhabi, cui senza alcun pudore illustra le sue malefatte e i suoi rapporti con Hamas. E’ in affari con il trafficante di armi Abu Ahmed, anche lui di Rafah, e ha 20 uomini che lavorano per lui, per organizzare il traffico di profughi sotto a uno dei tunnel che ramificano lungo il “corridoio di Philadelphia”, ossia la striscia di terra che separa l’Egitto dalla Palestina: questi fanno il lavoro sporco, mentre ci sono altri suoi uomini, i cosiddetti “runners”, che trasportano velocemente sulle proprie spalle i beni dei migranti da Rafah a Gaza, correndo sottoterra nel tunnel

. Con Abu Ahmed è ricercato per contrabbando, anche se le autorità di polizia di Rafah sono corrotte, come spiega un altro trafficante in una recente intervista sempre al Telegraph, e “all’Egitto i trafficanti fanno comodo, perché se vengono chiusi i tunnel che da Rafah portano in Palestina il Sinai verrà inondato di persone che vogliono attraversare il confine, per poi raggiungere Israele”.

E’ lui il capo dell’organizzazione di trafficanti che da oltre un mese tiene in ostaggio il gruppo, richiedendo un riscatto di 8.000 dollari (oltre ai 2000 già versati) ciascuno alle famiglie nei Paesi di origine o in Europa per liberarli e consentire loro di attraversare il suo tunnel, profondo 7 metri, che li porterà vicinissimi a Gaza, nei pressi del campo profughi della Rafah palestinese, per poi raggiungere Israele. I suoi uomini ne hanno già ammazzati 8 e 4 sono letteralmente scomparsi dopo essere stati prelevati dal gruppo “perché i loro reni fossero espiantati in cambio del

mancato pagamento del riscatto”.

IL LUOGO DI DETENZIONE. Sono incatenati mani e piedi, all’interno di alcuni container in un frutteto (una “greenhouse”) alla periferia di Rafah, accanto a una grande moschea e a una ex chiesa convertita in scuola, vicinissimi a un palazzo governativo egiziano, tant’è che i profughi possono vederlo.


FATAWI MAHARI, L’ETIOPE CHE AIUTA ABU KHALED NEL RISCUOTERE I RISCATTI. Abu Khaled si fa aiutare da un uomo etiope che si fa chiamare dai profughi con il soprannome di Wedi Koneriel, il cui vero cognome è stato indicato dagli stessi profughi come Mahari: lo stesso Fatawi Mahari, etiope, che nel settembre 2009 è stato indagato dall’intelligence israeliana con l’accusa di aver organizzato trasferimenti di denaro per traffico di esseri umani in Egitto, estorcendolo ai familiari di alcuni africani rapiti dai beduini nel Sinai del nord, per poi versarlo nelle tasche dei trafficanti e consentire dunque il passaggio dei migranti in ostaggio attraverso i tunnel che collegano l'Egitto alla Striscia di Gaza. Mahari, inizialmente fermato dalle autorità di polizia a Gerusalemme, è stato poi rilasciato ed è tuttora a piede libero, e potrebbe essersi spostato a Rafah anche grazie ai collegamenti con Hamas.


LA MENTE DI HAMAS E LA SUPERVISIONE DI AL QUAEDA. Le brutali estorsioni che si prolungano per mesi, inframmezzate da omicidi, torture, stupri e continue minacce nonché i traffici che avvengono nei tunnel al confine tra Egitto e Palestina sono gestiti infatti integralmente da Hamas: lo conferma Abu Ahmed al Telegraph, spiegando che "finché l'Egitto non si accorderà con Hamas, queste attività continueranno”. Ma che Abu Khaled fosse in accordi stretti con il movimento del presidente palestinese Mahmoud Abbas (chiamato anche Abu Mazen) prima, e con Hamas oggi, lo conferma anche l’emittente americana NPR, National Public Radio.

Un ufficiale dell’intelligence israeliana ha inoltre confermato che l’intelligence egiziana possiede una lista con i nomi di tutti coloro che sono coinvolti nei traffici nel deserto del Sinai, in particolare al confine tra Egitto e Palestina. Si sospetta inoltre che il giro d'affari legato al traffico di esseri umani nel Sinai possa finanziare le attività terroristiche di Al Quaeda, la cui presenza nel Sinai e i cui legami con Hamas sono attestati dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale di Israele.

Considerato che nei pressi della “greenhouse”, il frutteto in cui sono detenuti 150 dei migranti rapiti, si apre con ogni probabilità uno dei tunnel gestiti dai trafficanti, si può supporre che gli altri 100 profughi, di cui sono state perse le tracce nei giorni scorsi, siano stati trasferiti in territorio palestinese, dove sbucano i tunnel dei trafficanti e dove esistono campi illegali di concentramento profughi.


GLI APPELLI. Il Gruppo EveryOne ha rilanciato l’appello a Nazioni Unite affinché premano con più decisone sul governo Egiziano per ottenere la liberazione dei rifugiati eritrei. Ha inoltre sollecitato un intervento al Presidente della Repubblica Araba d'Egitto, affinché mobiliti i servizi di sicurezza sia per liberare le vittime del traffico, sia per iniziare una lotta efficace al traffico di esseri umani, concedendo sempre all'Alto Commissario per i Rifugiati (UNHCR) di valutare gli aventi diritto all'asilo e protezione umanitaria. All'Autorità Nazionale Palestinese presieduta da Mahmud Abbas EveryOne ha chiesto di collaborare alla liberazione dei profughi, presidiando i tunnel e i campi di concentramento gestiti da Hamas e avviando con la cooperazione internazionale una lotta efficace al traffico di esseri umani fra l'Egitto e i Territori, perseguendo i criminali nonostante godano - come nel caso di Abu Khaled - di posizioni di prestigio nei Territori stessi. In particolare, il Presidente Mahmoud Abbas conosce molto bene il trafficante Abu Khaled, come attestano fonti locali. Infine, EveryOne ha contattato diversi membri del Parlamento europeo e dei governi democratici dell’Unione, sollecitandoli a vigilare senza sosta, affinché le autorità di Egitto e Territori Palestinesi provvedano a liberare i rifugiati e a perseguire i trafficanti assassini, nonché ad attuare per il futuro politiche efficaci contro il traffico di esseri umani, i rapimenti a fine storsivo, le torture, gli omicidi, la tragica realtà del mercato nero degli organi umani. Per evitare il ripetersi di tragedie umanitarie di gravità inaudita, tuttavia, è importante anche e soprattutto porre fine ai respingimenti dei migranti richiedenti asilo, condannare i patti stipulati fra governi e finalizzati alla persecuzione dei profughi e avviare politiche lungimiranti riguardo all'accoglienza dei rifugiati e la rilocazione degli stessi nell'Unione europea.


Nelle foto, trafficanti palestinesi nei tunnel di Rafah

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