Autore Umberto Galimberti
Casa editrice Feltrinelli
Giovinezza e intelligenza, felicità e amore materno. Ma anche moda, tecnica, globalizzazione, sicurezza, terrorismo, mercato. Sono i miti del nostro tempo, analizzati da Umberto Galimberti in questo nuovo saggio, le idee dominanti nella nostra società, rassicuranti e continuamente riproposte dai media e dalla pubblicità.
Galimberti suddivide le idee mitizzate al giorno d'oggi nelle due categorie dei miti individuali e di quelli collettivi. Il suo scopo è mostrarne la crisi e favorire nei lettori il coraggio di aprirsi al cambiamento delle proprie certezze, rinunciando alle idee-mito che finora hanno diretto la loro vita. Se non si segue questa indicazione di ricerca e di adattamento ai tempi che sono mutati, secondo l'autore, ci si espone a quella inquietudine propria di chi più non capisce, e più non si orienta.Il filosofo e psicologo entra nel vivo di queste idee mitizzate con il tema dell'amore materno per i figli, da tutti dato per scontato, se non poi rimesso in discussione quando la ricorrenza dei casi di infanticidio porta a rifletterci. La verità è che «l'amore materno non è mai solo amore. Ogni madre è attraversata anche dal rifiuto del figlio». L'io materno ama e odia la propria creatura perché quella si nutre del sacrificio della madre: del suo tempo, corpo, spazio, sonno, delle sue relazioni, lavoro, carriera, dei suoi affetti e amori altri dall'amore per il figlio. «Da Medea, – scrive Galimberti – alle madri di oggi, nulla è cambiato». Questa ambivalenza del sentimento materno, generato dalla doppia soggettività che è in ciascuno di noi, va riconosciuta e accettata come cosa naturale e non con il senso di colpa che può nascere dall'interpretarla come incompiutezza o inautenticità del sentimento.
Per quanto riguarda i miti collettivi del nostro tempo, fondamentali sono le riflessioni sul dominio della tecnica e delle nuove tecnologie. Da semplice mezzo della ricerca scientifica, oggi la tecnica è diventata la condizione universale per realizzare qualsiasi scopo e il primo fine da raggiungere. Tutto ciò ha delle conseguenze enormi sul piano antropologico. In primis, la tecnica ha sovvertito la struttura del potere, perché la politica di fronte a essa è tramontata, divenendo luogo di mediazione e non più di decisione, ancella dell'economia e a sua volta delle risorse tecnologiche. Oggi, scrive Galimberi, i dibattiti pubblici su fecondazione assisitita, sul nucleare, sugli organismi geneticamente modificati, richiedono una competenza maggiore di quella di cui disponiamo. E la politica, come la retorica dei sofisti di un tempo, sa offrire solo vecchie ideologie, ricette televisive buone solo a persuadere irrazionalmente i telespettatori e a fornire appartenenza. L'età della tecnica rende impotente anche l'etica. La tecno-scienza, infatti, non ha altro scopo che non sia il suo massimo auto-potenziamento. Ne è una prova il fatto che oggi le potenze nucleari potrebbero distruggere la terra diecimila volte, ma questo fatto non determina l'interruzione della ricerca sul perfezionamento della bomba atomica. Che cosa inquieta Galimberti di questo modo di essere? La mutazione antropologica in atto, perché le macchine, anche se ideate dagli uomini, ormai superano la competenza dei singoli individui. Parlare in chat è diverso che incontrarsi vis-à-vis. Tre ore di televisione al giorno trasformano i nostri bambini. Sapere che ogni otto secondi muore di fame un bambino nel mondo ci lascia incapaci di reagire, perché «il troppo grande ci lascia indifferenti».
Su tutti questi falsi miti del nostro tempo si posa lo sguardo di Galimberti e, dalla lettura di queste pagine intense e profonde, usciamo con una consapevolezza maggiore di che cosa stia accadendo intorno a noi.
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